A chi spetta il Credito d’Imposta Transizione 5.0?

Il comma 2 specifica che possono accedere a Transizione 5.0 “tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato  e  alle stabili organizzazioni nel territorio dello  Stato  di  soggetti  non residenti”. Tutto questo “indipendentemente  dalla  forma  giuridica,  dal  settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime  fiscale  di determinazione del reddito dell’impresa, che negli anni 2024  e  2025 effettuano nuovi investimenti in  strutture  produttive  ubicate  nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici”. Restano invece escluse le aziende che rientrano nell’ambito del “Codice  della  crisi   d’impresa”.

Un potenziamento di Industria 4.0

Come già noto, possono accede al Credito d’Imposta Transizione 5.0 gli investimenti “in   beni   materiali   e immateriali nuovi, strumentali all’esercizio d’impresa  di  cui  agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016,  n.  232,  e  che sono interconnessi”. In pratica possono accedere gli stessi beni già previsti dal Piano Nazionale Transizione 4.0. Ma il comma 4 prosegue chiarendo che tale beneficio viene riconosciuto “a condizione che, tramite  gli  stessi (i beni 4.0 – ndr),  si consegua complessivamente una riduzione dei consumi energetici  della struttura produttiva localizzata nel  territorio  nazionale,  cui  si riferisce il progetto di innovazione non inferiore al 3 per cento  o, in alternativa, una riduzione dei  consumi  energetici  dei  processi interessati dall’investimento non inferiore al 5 per cento”.

Lo stesso comma estende inoltre l’elenco dei beni immateriali (previsti dall’Allegato B) che possono accedere ai benefici di Transizione 5.0. Il comma 4 elenca infatti:

a) i software, i  sistemi,  le  piattaforme   o   le   applicazioni   per l’intelligenza  degli  impianti  che  garantiscono  il   monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici  e  dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di  efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione  dei  dati  anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);

b) i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

Come vengono agevolate le soluzioni di autoproduzione?

Il Piano Transizione 5.0, però, non premia solo i beni 4.0, ma include anche le soluzioni per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e la formazione del personale finalizzata “all’acquisizione  o  al consolidamento delle competenze nelle  tecnologie  rilevanti  per  la transizione digitale  ed  energetica  dei  processi  produttivi”.

Occorre però evidenziare che, in questi ambiti, sono previste una serie di limitazioni particolarmente stringenti, che riportiamo in forma integrale come indicate al comma 4:

a) gli investimenti  in  beni   materiali   nuovi   strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia  da fonti  rinnovabili  destinata  all’autoconsumo,  a  eccezione   delle biomasse,  compresi  gli  impianti  per  lo  stoccaggio  dell’energia   Con riferimento  all’autoproduzione  e  all’autoconsumo  di energia da fonte solare, sono considerati ammissibili  esclusivamente gli impianti con moduli fotovoltaici di cui all’articolo 12, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto-legge 9 dicembre 2023,  n.  181.  Gli investimenti in impianti che comprendano i moduli di cui alle lettere b) e c) concorrono a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari, rispettivamente, al 120  per  cento  e  140  per cento del loro costo. Nelle more della formazione del registro di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 9 dicembre 2023, n.  181, sono agevolabili gli impianti con moduli fotovoltaici che, sulla base di apposita attestazione  rilasciata  dal  produttore,  rispettino  i requisiti di carattere tecnico e territoriale previsti dalle  lettere a), b) e c) del medesimo articolo 12;

b) le spese  per   la   formazione   del   personale   previste dall’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, finalizzate  all’acquisizione  o  al consolidamento delle competenze nelle  tecnologie  rilevanti  per  la transizione digitale  ed  energetica  dei  processi  produttivi,  nel limite del 10 per cento degli investimenti effettuati nei beni di cui al comma 4 e comma 5, lettera a), e in ogni caso sino al  massimo  di 300 mila euro, a condizione che le attività formative siano  erogate da soggetti  esterni  individuati  con  decreto  del  Ministro  delle imprese e del made in Italy di cui al comma 17 e secondo le modalità ivi stabilite.

Quale credito d’imposta previsto dal DL 19/2024?

Valori contenuti ai commi 7 e 8.

NB: I limiti di spesa fanno riferimento all’investimento annuo

Per gli investimenti effettuati mediante  contratti  di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore  per l’acquisto  dei  beni.

Per  gli  investimenti  nei   beni   di   cui all’allegato B  alla  legge  11  dicembre  2016,  n.  232  utilizzati mediante soluzioni di cloud computing, ossia con risorse  di  calcolo condivise e connesse, si assume anche il costo  relativo  alle  spese per servizi imputabili per competenza.

Come si calcola la riduzione dei consumi?

Secondo quanto scritto nel Decreto Legge 19/2024, comma 9  la valutazione deve avvenire “su base annuale, è calcolata  con  riferimento  ai  consumi  energetici registrati  nell’esercizio  precedente  a  quello  di   avvio   degli investimenti, al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul  consumo  energetico”. Occorre quindi analizzare i consumi di un intero anno, ma rapportarli ad una serie di variabili, che tengano conto delle quantità prodotte, ma anche delle condizioni atmosferiche, dello stato delle materie prime, di eventuali guasti o malfunzionamenti.

Ancora più complicata, sulla scorta delle indicazioni contenute nel decreto, la valutazione dei consumi di riferimento per le imprese di nuova costituzione: “il risparmio energetico conseguito  e’ calcolato rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a  uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri  definiti  nel decreto di cui al comma 17”.

Il comma 17, al momento, rinvia ai decreti attuativi che dovranno essere emanati. Ma, nel frattempo, incuriosisce il termine controfattuale, poco noto alla maggior parte delle persone.

Come accedere al beneficio di Transizione 5.0?

Un’altra delle novità fondamentali è dettata dalle modalità di accesso al beneficio, che non è più automatico come avveniva con Transizione 4.0. Il comma 10 specifica infatti che le  imprese  devo presentare,  “in  via telematica,  sulla  base  di  un  modello  standardizzato   messo   a disposizione dal Gestore  dei  Servizi  Energetici  s.p.a  (GSE),  la documentazione di cui al comma 11  unitamente  ad  una  comunicazione concernente la descrizione del progetto di investimento  e  il  costo dello stesso”.

Il GSE, a sua volta, verifica della  completezza della  documentazione e trasmette al Mimit l’elenco delle imprese ammissibili, dopo aver verificato che l’importo complessivo dei progetti ammessi a prenotazione non  ecceda il limite di spesa previsti a livello nazionale.

Tocca poi all’azienda comunicare al periodicamente al GSE  l’avanzamento dell’investimento ammesso. Poi, “in base a  tali comunicazioni  è  determinato  l’importo   del   credito   d’imposta utilizzabile, nel  limite  massimo  di  quello  prenotato

Al termine dell’investimento, “l’impresa comunica il completamento dell’investimento e tale comunicazione deve essere corredata, a pena di decadenza, dalla certificazione di cui al comma 11, lettera b”.

A questo punto sarà ancora il GSE a comunicare  all’Agenzia delle entrate, l’elenco  delle  imprese beneficiarie e l’ammontare  del  relativo credito   d’imposta”

Il modello di comunicazione, però, non è ancora disponibile.

Come devono essere redatte le certificazioni?

Il comma 11 specifica quali siano le certificazioni richieste, che dovranno essere “rilasciate  da  un  valutatore  indipendente,  secondo criteri e modalità individuate con il  decreto  del  Ministro  delle imprese e del made  in  Italy ”.

Nello specifico dovrà essere attestata:

  1. a) ex ante, la riduzione  dei  consumi  energetici  conseguibili tramite gli investimenti nei beni di cui al comma 4;
  2. b) ex  post,  l’effettiva   realizzazione   degli   investimenti conformemente a quanto previsto dalla  certificazione  ex ante

Su questo aspetto si apre un altro capitolo di incertezza, in quanto, il comma 17 rimanda ai decreti attuativi, che dovranno essere emanati entro 30 giorni dalla pubblicazione del Decreto Legge 19/2024. Non è quindi chiaro, al momento, quali saranno le figure professionali in possesso dei requisiti di “indipendenza,    imparzialità,    onorabilità    e professionalità” previsti dal Ministero. Il Decreto anticipa, però, che tra  i  soggetti   abilitati   al   rilascio   delle certificazioni sono  compresi,  in  ogni  caso:

  1. gli Esperti  in Gestione dell’Energia  (EGE)  certificati  da  organismo  accreditato secondo la norma UNI CEI 11339;
  2. le Energy Service Company  (ESCo) certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI

In attesa del Decreto attuativo, rimane il dubbio di comprende come un esperto in Gestione dell’Energia possa certificare l’interconnessione di un bene o verificare gli aspetti di cybersecurity…

Chi paga i costi delle certificazioni?

Il comma 12 si focalizza sul sostegno riconosciuto per i costi di certificazione. Viene infatti specificato che, per le PMI, “le  spese  sostenute  per adempiere all’obbligo di certificazione  sono riconosciute in aumento del credito  d’imposta  per  un  importo  non superiore a 10.000 euro”.

È invece scomparso l’obbligo della rendicontazione da parte di un revisore contabile.

Come compensare il credito maturato?

Il comma 13 spiega che “Il  credito  d’imposta  è  utilizzabile   esclusivamente   in Compensazione, cinque giorni dopo” la comunicazione del GSE all’Agenzia delle Entrate. La compensazione deve essere però effettuata, attraverso il modello F24, “entro il 31  dicembre 2025”. Nel caso in cui un’azienda non riuscisse a compensare l’intero credito maturato, può comunque compensarlo nel 5 anni successi, con altrettante quote annuali di pari  importo.

Molto interessante, quindi, il fatto che l’intero credito possa essere compensato quasi immediatamente dopo aver ottenuto l’approvazione di Enti e Ministeri, anche la successiva dilazione in cinque anni potrebbe colpire moltissime aziende che, molto probabilmente, riusciranno a rendicontare solo a fine del 2025 a causa dei tempi tecnici (raramente di pochi mesi) necessari per avere macchine e impianti industriali.

Attenzione, però, fatto che il credito sarà utilizzabile sino al raggiungimento dei limiti di disponibilità economica complessivi a livello nazionale.

E’ possibile cedere un bene 5.0?

Come nel caso dei beni 4.0., anche per i beni 5.0 il decreto definisce le conseguenze di un’eventuale cessione a terzi o la scelta di destinarli a “finalità estranee all’esercizio  dell’impresa  ovvero  destinati  a  strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto  all’agevolazione anche se appartenenti  allo  stesso  soggetto,  nonché  in  caso  di mancato esercizio dell’opzione per il riscatto nelle ipotesi di  beni acquisiti in locazione finanziaria, entro il 31 dicembre  del  quinto anno successivo a quello  di  completamento  degli  investimenti”.

In questi casi il  credito   d’imposta  “è  corrispondentemente   ridotto   escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo. Il maggior credito d’imposta  eventualmente  già  utilizzato   in   compensazione   e’ direttamente riversato dal  beneficiario”, “senza applicazione  di  sanzioni  e  interessi”.

Quali documenti conservare?

Anche per i beni 5.0, così come avviene per i beni 4.0, il comma 15 indica la documentazione che è necessario conservare per i successivi controlli. In particolare evidenziamo che, pena la revoca dell’agevolazione, “le fatture, i documenti di trasporto e gli altri  documenti relativi  all’acquisizione  dei  beni  agevolati   devono   contenere l’espresso riferimento alle disposizioni di cui al presente articolo”.

Quindi, in attesa di un chiarimento da parte del Ministero, al momento riteniamo sia opportuno scrivere “Bene agevolabile ai sensi della Legge 178/2020, art. 1, commi da 1054 a 1062, così come modificata dalla Legge 234/2021 nel rispetto di quanto stabilito dal Decreto Legge 19/2024 art. 38”.

Non è invece stato chiarito se, in caso di mancanza di tale indicazione, sarà possibile procedere ad un’integrazione (apposta in modo indelebile) sul documento stampato.

Attenzione anche alla necessità di far certificare i costi sostenuti dal “soggetto incaricato della revisione legale  dei  conti”. Tale soggetto, però non è presente nelle PMI. Per tale ragione, per “le  imprese  non obbligate  per  legge   alla   revisione   legale   dei   conti,   la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti”. In questo caso “le  spese  sostenute  per adempiere  all’obbligo   di   certificazione   della   documentazione contabile previsto dal presente comma sono  riconosciute  in  aumento del credito d’imposta per un importo  non  superiore  a  5.000  euro”.

Chi controlla e con quali sanzioni?

Il comma 16 specifica che sarà il GSE ad effettuare “i   controlli finalizzati alla verifica dei requisiti  tecnici  e  dei  presupposti previsti dal presente articolo per la fruizione  del  beneficio”. In caso in cui si rilevi “la  fruizione,  anche  parziale,  del  credito d’imposta, il GSE ne  da’  comunicazione  all’Agenzia  delle  Entrate indicando i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche  su cui si fonda il recupero, per i  conseguenti  atti  di  recupero  del relativo importo, maggiorato di interessi  e  sanzioni”.

E’ possibile cumulare Transizione 4.0, Transizione 5.0 e ZES Unica?

Occorre prestare la massima attenzione ai vincoli di cumulabilità, che sono cambiati rispetto a quanto definito da Transizione 4.0. Tali limiti sono chiaramente elencato al comma 18.

Ovviamente il credito  d’imposta 5.0 non è cumulabile con il credito Industria 4.0 / Transizione 4.0. Anche se ricordiamo che i beni 5.0 devono soddisfare anche i requisiti richiesti per i beni 4.0.

La novità più importante, però, riguarda il fatto che il credito d’imposta per i beni Transizione 5.0 non è cumulabile nemmeno con  benefici previsti dalla ZES unica.

Di contro, il credito d’imposta 5.0 “è cumulabile con  altre  agevolazioni  che abbiano ad oggetto i medesimi costi”, ovviamente senza che questo “porti al superamento del costo sostenuto”.

Quali decreti attuativi dobbiamo aspettare?

Il Decreto Legge 19/2024 fa riferimento, più volte, al comma 17, che si limita però a dettare l’elenco dei decreti attuativi che dovranno essere adottati “entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente  decreto”. Se tali termini saranno rispettati (cosa non sempre avvenuta), entro i primi giorni di aprile dovranno essere resi pubblici i decreti relativi a:

a) al  contenuto  nonché alle  modalità  e  ai   termini   di trasmissione   delle   comunicazioni,    delle    certificazioni    e dell’eventuale  ulteriore  documentazione  atta   a   dimostrare   la spettanza del beneficio, ivi  compresa  l’attestazione  dell’avvenuta interconnessione dei beni al  sistema  aziendale  di  gestione  della produzione o  alla  rete  di  fornitura,  della  congruità  e  della pertinenza delle spese sostenute;

b) ai criteri per la  determinazione  del  risparmio  energetico conseguito, anche in relazione allo scenario controfattuale di cui al comma 9; e dell’esistenza degli ulteriori requisiti tecnici correlati agli investimenti;

b -bis ) al costo massimo ammissibile, calcolato in euro/kW, degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e, in euro/kWh, dei sistemi di accumulo di cui al comma 5 ;

c) alle procedure di fruizione del credito d’imposta, nonchè di controllo, esclusione e recupero del beneficio atte  a  garantire  il rispetto della normativa nazionale ed europea;

d) alle modalità finalizzate  ad  assicurare  il  rispetto  del limite di spesa di cui al comma 21;

e) all’individuazione  dei  requisiti,  anche  in   termini   di  indipendenza, imparzialità,  onorabilità  e  professionalità,  dei soggetti autorizzati al rilascio delle certificazioni ex ante  ed  ex post di cui al comma 11 e di quelle di cui al comma 15, nonché  alle coperture assicurative di cui gli stessi devono  dotarsi  per  tenere indenni le  imprese  in  caso  di  errate  valutazioni  di  carattere tecnico;

f) all’individuazione delle eccezioni e delle specifiche connesse agli investimenti non agevolabili di cui al comma 6;

g) alle modalità con le quali è effettuato il monitoraggio  in ordine al concorso della misura al raggiungimento degli obiettivi  in materia di cambiamenti climatici, in conformità all’allegato VI  del regolamento (UE) 241/2021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021.

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